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Noi siamo il prodotto

Il Wall Stree Journal riferisce che Facebook si prepara a sbarcare in borsa con una valutazione pari a 100 miliardi di dollari;  il doppio, per intenderci, di un gigante come Hewlett Packard, ma anche una somma pari a due o tre manovre finanziarie italiane. Il punto è che questo “valore” non si spiega con i servizi che offre o con la pubblicità che raccoglie. Cosa produce Facebook, e cosa vende? Ieri durante il bel dibattito che abbiamo organizzato a Firenze, intitolato “DIASPORA*: un altro social network è possibile“, ancora una volta è emerso come le clausole di Facebook (che in genere accettiamo senza nemmeno leggere) consentano alla società Facebook Inc. di appropriarsi di tutti i dati privati che vi facciamo veicolare e di usarli come vuole. Già oggi, ad esempio, le nostre foto sono usate per banner pubblicitari. I nostri volti – a nostra insaputa – vengono utilizzati per reclamizzare prodotti e servizi. Facebook ci fa diventare testimonial di prodotti che neanche conosciamo. Inoltre queste policy consentono a Facebook Inc. di fornire qualsiasi informazione ai governi, senza mandato, o di vendere i dati  sensibili degli iscritti (abitudini private, navigazione, gusti). Questo, certo, spiega il valore di borsa del social network, che a oggi conta quasi un miliardo di iscritti. Paolo Tacconi, promotore convinto di DIASPORA*, nonché uno dei due relatori del dibattito (l’altro era Vittorio Cuculo), ha rilasciato una sua presentazione in Creative Commons, per cui chiunque può  consultarla e divulgarla (anche se ovviamente sconta il limite della “monodirezionalità”). L’invito è quello di partecipare di persona a eventi e dibattiti sull’argomento e cercare di approfondire il più possibile questi aspetti.

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