A Firenze sono stati arrestati nove criminali appartenenti a tre organizzazioni dedite al traffico di cocaina. La droga arrivava dall’Olanda, e a Firenze veniva tagliata, divisa in dosi e infine venduta da una rete di “agenti”. Fin qui nulla di nuovo. Quello che stupisce è il codice utilizzato per telefono dagli spacciatori, che camuffano l’oggetto della vendita simulando tutt’altro commercio: la cocaina in codice viene chiamata “donna”, se è di buona qualità viene chiamata “giovane” e il prezzo è definito “prestazione”. Quasi come se la tratta delle donne sia, invece, un’attività lecita.
Una delle eredità di questi ultimi anni di dibattito politico e pubblico, evidentemente, è la normalizzazione della prostituzione femminile, almeno nell’immaginario di alcuni. Non giova l’autoesaltazione di tante “escort” che fanno addirittura vanto della loro attività. Per questo ho trovato molto interessante la riflessione della Top Model italiana Bianca Balti, che l’altro giorno, nel corso di una bella intervista al Corriere, dopo aver dichiarato – senza se e senza ma – che vendere il proprio corpo è sbagliato, ha aggiunto in maniera provocatoria, che è preferibile essere prostituta anziché escort, perché “chi aspetta i clienti lungo i viali ha coscienza di sé e di quello che fa. È l’unico punto di partenza per un riscatto. Invece oggi tante si vendono in cambio di soldi o di lavoro e fanno finta di essere delle gran dame”.


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