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Amici criminali

10846427_10153087358377985_3567342855306274151_nTre giorni a casa dei miei tra tenerezze, ospedali, cibo misurato, camino e televisione. Credo che il male più grande che posssiamo fare ai nostri vecchietti sia quello di abbandonarli davanti a un televisore. Non so se avete visto cosa passa dal tubo catodico. Principalmente cronaca: quella rosa, che riguarda vip sconosciuti, e la nera che riguarda sconosciuti improvvisamente diventati vip. Sara, Loris, Michele, Yara e tanti altri sono tutti personaggi di un’unica narrazione morbosa, ambientata in paesi sconosciuti o in periferie popolate di villette di cemento con grate alle finestre. Una narrazione che inchioda davanti allo schermo milioni di pensionati e casalinghe, con la ripetizione ossessiva dei dettagli delle vittime e dei presunti colpevoli: magliette, libri, macchine, strade percorse, frequentazioni, analisi psicologiche dei post su facebook, commenti dei vicini e dei familiari. Dai programmi del mattino, ai telegiornali, fino agli approfondimenti di programmi come “La vita in diretta” o “Chi l’ha visto”, la TV pubblica finge di fare informazione e invece fa pornografia. Eccita istinti primordiali, alimenta la diffidenza tra vicini di casa, predispone gli animi al pregiudizio, alleva menti investigative e vendicative. Per fare questo non è necessario avere grandi competenze e capacità, e infatti sono arruolati giornalisti improvvisati, inviati impreparati, con dizioni improbabili e un italiano sofferente. La forma non conta, conta il contenuto. E se la televisione crea i contenuti, il web è abilissimo a diffonderli. Internet dà l’opportunità di essere attivi nella ricerca del video, della foto, della dichiarazione rilasciata, e per questo il comportamento dei navigatori integra anche delle aggravanti. Consente analisi del fenomeno condivise, ma sempre inevitabilmente sommarie, perché lo streaming di twitter e di facebook è velocissimo, tanto più veloce quanti più sono gli “amici” connessi; non fa riflettere, fa solo indignare.  Un “navigatore” non ha la possibilità materiale di entrare nella complessità della vicenda, delle storie, dei vissuti. Così i social network si alimenato di (pre)giudizi, applausi, accuse, conclusioni, linciaggi mediatici.

L’omicidio è un crimine, il maltrattamento è un crimine, ma è un crimine anche far diventare di interesse collettivo storie che sarebbero private, terribili e dolorose. E’ un crimine speculare sulla sofferenza. E’ un crimine anche gridare al “mostro”, accusare senza conoscere, rilasciare giudizi non richiesti, farsi complici di pubblici linciaggi. Chi ci guarderà da tutti questi criminali?

Disegno di Mauro Biani

 

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