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Due proposte per SEL… per non affogare

“Buonasera, mi chiamo Nicola e vengo da Firenze, la città dove è nato questo partito, ma che è anche la città che ha visto crescere – incontrollato – il fenomeno Renzi e in cui è stato fondato un altro soggetto politico, speculare a questo: parlo di ALBA. È una città in cui, evidentemente, SEL non ha saputo rispondere a tante persone appassionate da un’idea nuova di politica. Un po’ come lo sono io. Devo precisarlo a quest’Assemblea, che è aperta a iscritti e simpatizzanti di SEL:  io quest’anno per la prima volta non mi sono iscritto a SEL, e a dirla tutta non sono neanche un gran simpatizzante. Direi piuttosto che sono un nostalgico di SEL. Ho nostalgia per quello che avrebbe dovuto essere e che purtroppo non è.

Purtroppo per me SEL non è il luogo aperto e democratico che invece, con enorme soddisfazione, vedo oggi qui così ben rappresentato. Eppure l’Assemblea di oggi è una “non resa”: è segno che la soluzione per “non affogare” probabilmente è alla portata. Basterebbe cominciare a riprendere e rivivere le idee enunciate nel manifesto fondativo e mai applicate o mal interpretate. Ci sono vari punti che vorrei toccare, ma per brevità ne indicherò solamente due che riguardano il funzionamento e quindi la credibilità del partito. Mi limiterò ad enunciarli. Poi, magari, per la discussione possiamo pensare ad altri luoghi. Parlavo prima con Giuliana Sgrena della possibilità di un organo di informazione e confronto che sia davvero aperto e inclusivo: un blog, un portale, un forum. Tra noi ci sono professionalità da spendere: giornalisti, editor, esperti di comunicazione. Pensiamoci.

Gli argomenti  di cui vorrei parlare, dicevo, riguardano le forme della politica:

1)      Il primo è la rappresentanza: è evidente – per lo meno nel territorio da cui io provengo – un deficit di democrazia all’interno del partito, che si traduce in uno scollamento netto tra società civile e partito. Non so come siano stati eletti da voi i vari rappresentanti negli organismi dirigenti, ma da noi sono stati scelti con meccanismi non pienamente democratici.

Tempo fa Michele Ainis suggeriva una riforma del Parlamento in questo senso: un Senato, eletto dai cittadini, e una Camera, costituita da cittadini eletti per sorteggio, con funzione di controllo e garanzia dell’altra camera. Un sorteggio tra cittadini che si siano dichiarati disponibili al ruolo (e immagino con qualche requisito fondamentale, come la scolarizzazione e la comprovata onestà). Mi sembra una soluzione praticabile. E poi rifletto: “se alcuni  intellettuali riescono a immaginare questa novità per il Parlamento, perché noi non riusciamo a sperimentarla almeno nel partito?”. Tanto per cominciare, una percentuale degli eletti negli organismi dirigenti potrebbe provenire dal sorteggio tra tutti gli iscritti disponibili. Tutti noi attivi nei partiti siamo accomunati dalla stessa passione, da un’intelligenza più o meno equivalente. Perché non osare questo nuovo metodo? Forse è l’unico possibile per evitare che i ruoli di decisione e responsabilità vengano affidati sempre ai soliti 20! Sorteggio: non è una pazzia. Lo stanno sperimentando anche in altri organismi collegiali come i CDA delle Università. E’ un metodo privo di rischi: pensate ai vostri circoli e poi immaginate che venga adottato il sorteggio. Siete sicuri che possa andare peggio di come sia andata con le “elezioni” dei rappresentanti nei nostri vari organismi?

2)      Il secondo argomento riguarda il finanziamento del partito: lo Statuto di SEL prevede che ogni eletto versi al partito una quota della sua indennità politica. Per me questa norma è un abominio: non solo legittima l’idea che a contribuire al partito debba essere soprattutto il danaro pubblico, ma alimenta un meccanismo perverso per cui è auspicabile che un politico guadagni sempre di più, di modo che l’entrata per il partito sia maggiore. Ecco, io non solo credo che un politico debba guadagnare meno, ma molto meno di quanto oggi la legge gli consenta (visto che dal 1947 queste indennità sono cresciute a dismisura, a fronte di costi del fare politica che invece sono diminuiti), ma credo che il partito debba essere finanziato dai suoi iscritti e dai suoi simpatizzanti. Io credo che se un partito riesce a creare consenso intorno a sé, arrivano anche i contributi finanziari. A Firenze – solo per fare un esempio – abbiamo realizzato un convegno di due giorni sul tema del razzismo. Forse ne avete sentito parlare: “Diversi. E allora?”, organizzato subito dopo l’ omicidio di due ragazzi senegalesi a opera di un militante di estrema destra. Ebbene per quel convegno abbiamo speso qualche migliaio di euro e tramite sottoscrizioni  – davvero volontarie – ne abbiamo incassati un po’ di più. E di quel guadagno ci siamo subito liberati, destinandolo alla comunità senegalese. Non abbiamo bisogno di quei soldi: quando serviranno li chiederemo ai cittadini che crederanno nei nostri progetti. Affidarsi al finanziamento pubblico vuol dire sottrarre ai cittadini un altro elemento di partecipazione. Noi cittadini vogliamo partecipare, anche con qualche euro, purché il progetto sia condiviso. Sforziamoci di creare progetti condivisibili piuttosto! Non abbiamo bisogno di sedi lussuose o di altri elementi di spesa. Mattia Calise, consigliere del M5S di Milano ha fatto una campagna elettorale di con un budget inferiore ai 10.000 euro e basata suprattutto su internet. I tempi sono cambiati. Hanno ragione gli amici del Movimento 5 Stelle e dobbiamo imparare ad ascoltarli e non solo a temerli e attaccarli. Perché, in fondo, se loro nei sondaggi sono dati al 20% e noi lottiamo per superare la soglia di sbarramento, forse possiamo ammettere che sono riusciti a interpretare meglio di noi questo tempo.

Infine, e chiedo scusa se sono stato lungo, vale la pena di ricordare che queste due proposte che ho appena enunciato richiedono una modifica dello Statuto. Con il Forum Statuto di Firenze ci avevamo provato ad avanzare queste e altre richieste proprio in sede di formazione dello Statuto, ma l’iter previsto probabilmente non ha favorito la partecipazione di queste idee. Troppi livelli intermedi si pongono come filtri progressivi che affievoliscono ogni buona idea di partenza e appiattiscono la proposta politica sulla logica del minimo comune denominatore. Questo vale in ogni ambito, in ogni attività del partito. Doveva essere un partito a rete, orizzontale e ci troviamo in un partito verticistico. Troviamo un nuovo modo perché l’Assemblea nazionale – come da Statuto –  ridiscuta davvero il documento, perché così come è, nei fatti, si oppone al manifesto fondativo.

Grazie per l’attenzione”*

* Testo del mio intervento all’Assemblea del 30 settembre 2012, “Non affoghiamo nella vecchia politica“, Roma.

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