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“Diversi. E allora?” – Un laboratorio contro la violenza razzista

Capita sempre più spesso di trovarci di fronte a episodi di apologia del Fascismo e di tentativi più o meno velati di legittimazione di forme di violenza razzista, xenofoba, omofoba, antisemita: dai muri delle nostre periferie, alle pagine di facebook, dalle pubblicità sessiste all’informazione manipolata , siamo sommersi da messaggi che incitano all’odio e alla discriminazione, e spesso persino la politica asseconda questa tendenza. Non possiamo credere, dunque, che i reati di ispirazione razzista e sessista avvenuti in questi ultimi tempi siano da imputare esclusivamente alla responsabilità individuale degli aguzzini.

Quando il 13 dicembre dello scorso anno, ad esempio, a Firenze Gianluca Casseri, militante della destra estrema, ha ucciso Samb Modou e Diop Mor, due ragazzi che avevano l’unica “colpa” di essere africani, l’intero Paese si è fermato, attonito; come se quell’avvenimento ci avesse colpito tutti, a freddo, improvvisamente. E invece episodi simili capitano tutti i giorni, dovunque, anche se non hanno la ribalta della cronaca nazionale. Se non vivete in Toscana è difficile che abbiate letto, ad esempio, di Gabriele, un meccanico etiope, e di Mohamed, un fotografo egiziano, ambedue ridotti in fin di vita perché “negri”, “arabi” e “froci”; sono episodi succesi a dicembre del 2009 a pochi metri dalla casa di Michelangelo Buonarroti. È difficile che abbiate letto dei somali picchiati da uomini appartenenti alle forze dell’ordine, sempre a Firenze, ma in un centro occupato; della ragazza di 22 anni uccisa a Sesto Fiorentino per “motivi passionali”. Addirittura impossibile, invece, che abbiate saputo di fatti che non sfociano in veri e propri crimini, ma sono indicativi di quella deriva culturale razzista, che sembra senza argini; come il caso del cliente della banca che a Siena, allo sportello si è sentito dire dall’impiegato “lei è finocchio, io non la servo”, oppure degli sgomberi dei campi rom da parte delle amministrazioni pubbliche, non assistiti da una soluzione abitativa alternativa. Se tutto questo succede in Toscana, può succedere dovunque. Se accade nel luogo in cui il 30 novembre del 1786 – per la prima volta al mondo – è stata messa al bando la pena di morte, sancendo che i diritti umani sono indisponibili, abbiamo seri motivi di preoccuparci, tutti.

Ecco perché siamo voluti partire proprio da Firenze per condurre una riflessione sulla cultura della discriminazione e dell’odio razzista. Ci piacerebbe farne scaturire una proposta che dia maggiore efficacia alle molte esperienze solidali esistenti, incida sulla politica (inducendo un cambiamento), avvii un Laboratorio permanente per la convivenza, contro il razzismo e le discriminazioni. È il motivo per cui le associazioni dei migranti, le realtà antirazziste, soggetti della società civile attiva, le forze sociali e culturali e i partiti del centrosinistra, tra cui SEL, hanno deciso di promuovere un approfondimento serio e condiviso nel corso di un evento pubblico. Il convegno si articolerà in due giornate – il 12 e 13 maggio – a Firenze, al Teatro di Rifredi (proprio a pochi metri dal luogo in cui sono stati uccisi Samb Modou e Diop Mor). Lo abbiamo intitolato “Diversi. E allora?” perché volevamo ribadire che la diversità è un fatto imprescindibile e non sottoponibile a un giudizio di valore. Ma un’altra lettura del titolo introduce anche il senso stesso del convegno: siamo diversi. Come fare per far convivere queste diversità in maniera armoniosa e pacifica?

Durante la giornata di sabato faremo un’analisi del tema della diversità e della discriminazione, investendo gli ambiti della scienza (la genetica, l’antropologia, la psicologia), del diritto – inteso sia come l’insieme degli strumenti giuridici a disposizione, sia come elemento fondamentale nella creazione di un modello comportamentale – e quindi del giornalismo e delle arti, che da sempre hanno una grossa responsabilità nella costruzione dell’immaginario del diverso. A condurci nella riflessione saranno esponenti della cultura, della scienza, della politica, tra cui Giovanni Anversa, Marcello Buiatti, Anna Maria Rivera, Moni Ovadia, Pape Diaw, Mauro Biani, Niccolò Rinaldi, Susanna Parigi, Jean Leonard Touadi, Alessandro Zan, Monica Cerutti, Tana De Zulueta, Igiaba Scego, Edda Pando, Michele Curto, Lorenzo Guadagnucci, Maurizio Ambrosini, Pamela Villoresi, Stefania Ragusa. Il giorno successivo, otto workshop raduneranno esperti, operatori sociali e culturali, cittadini, amministratori, personalità della cultura, per elaborare insieme proposte articolate da presentare alla discussione socio-politica.

Ma “Diversi. E allora?” è anche un laboratorio politico di assoluto interesse: l’organizzazione del convegno, infatti, è opera di un gruppo vastissimo di realtà sociali disparate che comprende associazioni, movimenti e partiti. È impressionante la lista delle realtà che aderisco al convegno. Per mesi uomini e donne attivi nel volontariato, nei movimenti studenteschi, nei partiti, impiegati nella cooperazione internazionale o nell’associazionismo culturale si sono incontrati settimanalmente, elaborando insieme il progetto e impegnandosi a portarlo avanti con competenza e passione. Al di là delle retorica di alcuni politici, che dicono di ispirare il proprio agire all’apertura e alla condivisione, salvo poi chiudersi nella più prudenziale gestione del proprio potere, al di là delle resistenze – pur legittime – di alcuni cittadini disillusi dai partiti e sempre attenti a non lasciare che il proprio impegno e la propria passione possa essere strumentalizzata da altri fini personali, a Firenze i primi “diversi” che si sono confrontati sono stati proprio gli organizzatori. E hanno trovato una strada da percorrere insieme, avendo individuato un obiettivo comune: promuovere una cultura antirazzista, laica e egalitaria. L’intero programma dei due giorni è pubblicato sul sito ufficiale ed è disponibile in formato .pdf

Articolo pubblicato anche sul sito di SEL nazionale

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