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Riformare le liste elettorali per il bene della democrazia

Da quando hanno cominciato a circolare le prime indiscrezioni sul raggiungimento del quorum, le quotazioni delle utilities alla borsa di Milano registravano delle perdite, incassando anzi tempore l’esito sui quesiti dell’acqua. Il premier, a urne ancora aperte, in occasione della conferenza stampa a Villa Madama ha dato per acquisito il no degli italiani al nucleare, auspicando un impegno per le energie rinnovabili, e così i titoli delle energie rinnovabili (compresi quelli a larga capitalizzazione, come Enel green Power) hanno cominciato a consolidare il guadagno dei giorni scorsi. E anche le quotazioni dello stesso premier sono in netto ribasso, data per acquisita, oramai, anche l’abrogazione del legittimo impedimento.
Ma a questi risultati concreti se ne aggiunge uno ancora più importante e sul quale vale la pena riflettere: il raggiungimento del quorum, infatti – indipendentemente dal risultato che produrrà – è innanzitutto la vittoria di uno strumento democratico. Se questo ci fa sperare di avere gli anticorpi necessari per arginare ogni deriva antidemocratica, dall’altra potrebbe persino preoccuparci: il sistema economico che sorregge questo sistema di governo, infatti, proprio come per i titoli di borsa, di fronte a queste dimostrazioni di democrazia effettiva riesce a effettuare “tuning” piuttosto tempestivi per fare in modo che tali “esternalità” non possano ripetersi; a impedire, cioè, che la democrazia effettiva possa intralciare i piani della democrazia surrettizia.
Aggiustamenti talmente tempestivi nel caso italiano, che alcuni erano stati adottati persino prima che il referendum avesse luogo: il nostro Parlamento aveva scongiurato il “pericolo” dell’election day, (costringendoci persino a spendere 300 milioni in più per non associare i referendum alle Amministrative), il Governo aveva tentato di far saltare il referendum sul nucleare attraverso un aggiustamento legislativo molto dubbio (con ulteriori costi per i cittadini), il servizio pubblico televisivo aveva effettuato una massiccia campagna di disinformazione (mandando in onda notizie sbagliate sulla data delle votazioni e invitando gli italiani ad andare al mare). Altri aggiustamenti sono avvenuti a urne aperte: in pieno silenzio elettorale membri del Governo e del Parlamento hanno dato per raggiunto il quorum e hanno persino svelato l’esito dello spoglio!
Non ultima l’incertezza sul computo degli elettori residenti all’estero, che hanno votato su schede difformi da quelle utilizzate sul territorio italiano e in condizioni di grave carenza informativa sul dove, come e quando votare.
C’è da chiedersi, dunque, se lo strumento referendario sia sufficientemente garantito. I fatti dimostrano che il potere lo teme e che la burocrazia lo ostacola. In questa tornata elettorale, ad esempio, si evidenzia, come il quorum venga abbattuto dalla scarsa affluenza alle urne nei piccoli comuni del Sud: più sono piccoli (spopolati) più l’astensione sembra maggiore, più sono isolati (irraggiungibili dai trasporti pubblici, da parte dei residenti che lavorano o studiano altrove), più l’affluenza è ridotta.
Certo, a dispetto di tutto, questa volta gli italiani hanno dimostrato di riconoscerne l’utilità, ma probabilmente non avremmo avuto lo stesso risultato se il referendum non fosse stato preceduto dalla tragedia di Fukushima.
Bisogna rafforzare gli anticorpi, dunque. Esiste un fronte di riformisti, in Italia, che si richiama ai principi democratici, anche se ancora non sono note le proposte di riforma. Proviamo a suggerirne una: riformare il sistema delle liste elettorali per consentire ai cittadini di votare in qualunque città si trovino, a maggior ragione per i referendum o per le elezioni politiche. Grazie alla tecnologia informatica non è affatto complesso centralizzare le liste elettorali: ogni Comune (informatizzato) potrebbe ricollocare gli elettori all’istante e consentirgli il voto nella città in cui si trova. Perché mai da Firenze dovrei tornare nella provincia di Avellino o da Milano a Reggio Calabria per ribadire che la legge è uguale per tutti? Molti di noi vorrebbero votare, ma ne sono illegittimamente impediti.

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