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La responsabilità

La responsabilità dell’artista

L’altra sera ho assistito a "Vilipendio", il nuovo spettacolo di satira di Sabina Guzzanti, dal taglio decisamente politico: "la quasi totalità della stampa – cita la sua biografia ufficiale –  è assoggettata al potere politico-economico e non resta che ai comici, a volte, restituire correttamente pezzi di realtà costantemente nascosti ai cittadini". Seguendo questa missione Sabina Guzzanti è capace di riempire teatri come il Saschall di Firenze (1800 posti a sedere), chiedendo allo spettatore di pagare un biglietto dal costo medio di 35 euro (min. 28, max 40). Un evento da decine di migliaia di euro a sera, quindi, che si replica, oramai da novembre in tutta Italia, con una media di 10 spettacoli al mese. Centinaia di migliaia di euro.
Ogni lavoratore ha diritto al suo compenso, e la bravura di Sabina Guzzanti non si sottrae a questa regola del mercato. Però qualche dubbio, fuori dal teatro, mi viene: parlare male della classe politica, prendere le parti delle fasce sociali più deboli, scagliarsi contro le logiche del business che corrompono i poteri, porsi come fonte di informazione seria e disinteressata… be’ tutto questo risulterebbe molto più credibile se fosse messo a disposizione di una platea più vasta e se prescindesse dal fattore commerciale.
Non dico che Sabina Guzzanti debba esibirsi tutte le sere gratis, ma forse qualche volta potrebbe farlo per i precari che non possono permettersi di pagare un biglietto dal prezzo così alto. Una sera, una soltanto al mese. Magari risparmiando su alcuni costi: un circolo arci invece del teatro prestigioso, una città piccola invece che un capoluogo, poca promozione, un solo manifesto che dica: "Per stasera niente Grande Fratello: vieni a teatro, divertiamoci insieme. Offro io!". Uno spettacolo in cui potresti ritrovarti accanto anche la cassiera del supermercato che ha votato per Fini, o l’operaio che ha votato Lega, invece dei soliti compagni con contratto a tempo indeterminato nella multinazionale o nella ONLUS. 
Perché se è vero che la classe politica ha una responsabilità enorme nel declino culturale della nostra società, gli artisti dello spettacolo non possono tirarsene fuori.
Ovviamente non mi riferisco solo a Sabina Guzzanti: Marco Travaglio, Beppe Grillo, Daniele Luttazzi, per citare alcuni tra i grandi professionisti della satira, a volte mi danno l’impressione di cavalcare in qualche modo il business dell’antibelrusconismo. Un’ulteriore contraddizione di questa logica è che questi artisti (che portano spettacoli in giro per l’Italia, pubblicano in continuazione libri, DVD), vendono la loro arte e le loro idee a un popolo magari poco informato e poco divertito, ma già consapevole e orientato politicamente. Ed è un peccato, uno spreco di risorse. Il ruolo dell’artista nella formazione della cultura popolare è sempre stato rilevante. Penso all’intervento di Roberto Benigni all’ultimo festival di Sanremo: la lettera di Oscar Wilde all’amato, recitata a 15 milioni di telespettatori appartenenti a ogni ceto sociale, è efficace, nella formazione della società, almeno quanto un decreto del ministro delle Pari Opportunità.
Allora cosa aspettano gli artisti della "sinistra italiana", ormai ricchi dei profitti delle loro opere? Dove sono i cantautori impegnati, i satirici irriverenti, gli attori controcorrente, i registi arrabbiati con le classi dirigenti? Sarebbero disposti a fare uno spettacolo gratis per i possessori della social card, per i cassintegrati, i precari, i disoccupati, le casalinghe rincoglionite da Pomeriggio5?

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