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Kung Fu

Mentre nella palestra accanto decine di corpi sudati saltano e sudano sulle note degli Scissor Sisters io entro nella sala dedicata al Kung Fu. Qui avviene tutto nella quiete, al più a bassa voce.
Ogni sera ripetiamo il rituale: ci mettimo in fila in ordine gerarchico e salutiamo il maestro con l’inchino. Sempre nel silenzio rompiamo la fila e ci disponiamo più larghi sulle due diagonali: cominciano gli esercizi di riscaldamento. L’istruttore ci guida con una sola parola: “cambio”. Un “cambio” equivale a un “Interrompete quest’esercizio, guardatemi e ripetete quest’altro“. Tra un “cambio” e l’altro solo silenzio. I suoni che si odono sono solo quelli dei nostri respiri, dell’aria mossa dai calci e dai pugni, il fischio di un’alabarda o di un bastone fatti roteare. O il cadere da qualche salto e i brevi urli, propri di una mossa.
Lo stretching si fa a coppie; noi allievi ci intendiamo con lo sguardo e con qualche piccolo movimento: “vengo io da te, vieni tu da me, ti aiuto io” sono tutte cose che si possono dire con un passo verso l’altro, con un sorriso deciso, o stando fermi mentre lo sguardo cerca un amico. Il tuo corpo che si flette, i segni dello sforzo sul volto, il tremore dei muscoli comunicano al compagno quando deve spingere di più, quando deve allentare. Spingendo effettua un movimento che stira i tuoi muscoli, mentre contrae i suoi: un beneficio reciproco. E poi ci si dà il cambio. Si diventa intimi.
Negli esercizi di posizione, che simulano la lotta, ciascuno deve adeguare la sua forza a quella dell’avversario: non ci si deve far male. Ci si flette se l’altro è più basso, si contiene la potenza quando l’altro è più debole. Tutto avviene nel silenzio, guardandosi negli occhi, o sussurrando brevi frasi del tipo “Troppo forte?” o “Vacci piano, per favore“.
Agli esami per il passaggio di grado puoi eseguire le “forme” in maniera impeccabile, con la giusta forza, velocità e precisione, ma se dimentichi di effettuare il saluto all’inizio o alla fine dell’esibizione non c’è niente da fare: sarai bocciato.
Questi sono i motivi per cui sono entusiasta di quest’attività e la sera, quando dopo l’allenamento ritorno a casa, mi accompagna una strana contentezza e la voglia di rituffarmi di nuovo il quel silenzio tanto istruttivo, di ripetere al più presto quell’esperienza di fiducia e di dialogo muto.

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