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Bit generation

Bit generation in vendita

Forte di una campagna promozionale imponente, osannata dalla stampa (L’espresso-Repubblica) che l’ha paragonata a Erica Jong e ai classici della letteratura trasgressiva, compagna di piattaforma e di esperienza virtuale; e poi un titolo che, dice, si ispira alla "ballata dell’amore cieco" di Fabrizio De Andrè (ma non si capisce in cosa, visto che l’omaggio si interrompe alla parola "ballata"), dieci miseri euro di spesa, l’afa estiva che mi allontana dallo schermo e mi restituisce alla carta: queste sono le ragioni per cui ho comprato e letto "La ballata delle prugne secche", il libro di Pulsatilla. Adesso vorrei dirvi le ragioni per cui non lo ricomprerei.
Innanzitutto perché i giornalisti hanno seriamente esagerato. Per loro Pulsatilla dovrebbe essere una via di mezzo tra Pier Vittorio Tondelli e Fabio Volo, ma non ha né l’intimismo umanistico dell’uno, né la spontaneità dell’altro (ha un passato da pubblicitaria: come fidarsi?). "La ballata delle prugne secche" non è un romanzo e neanche una biografia anche se "ci ho messo dentro la mia vita, cazzo", dice l’autrice. Non ha un filo narrativo, una trama, dei personaggi caratterizzati da far scattare una certa identificazione, non ha alcuna introspezione psicologica. Non trapela alcun sentimento. Per irrobustire l’aspetto culturale del prodotto le pagine sono spruzzate qua e là di qualche citazione letteraria, musicale o cinematografica, a volte con una certa forzatura. Spunti morali? Be’, diciamo che possiamo trovare qualche critica post comunista non convinta (ad esempio nei post dedicati alla cellulite, alla depilazione o alla categorizzazione delle mutande), ma non ci precede quasi mai, né in emozioni, né in riflessioni.

Questo libro è un bel blog su carta, utilissimo perché il portatile non si può appoggiare sulle ginocchia quando sei al bagno e perchè in spiaggia il sole rende impraticabile qualsiasi tipo di monitor. Un blog cartaceo ben scritto e interpretato, ricco di post deliziosi e divertenti come se ne leggono pochi in giro per la Rete; in più ci restituisce immagini di un’eccezionale vivezza (come il racconto del primo "ditalino", o i disagi che derivano dalle mestruazioni). Ma è un blog! Non forziamo la filologia per trovarvi "un nuovo modo di scrivere efficace e disimpegnato". Questa è la scrittura del blog. No, non è Calvino, nè Kerouac. Se proprio vogliamo trovare un genere a cui ascriverlo, visto che è stato stampato e venduto, è senza dubbio il "chick lit", quella montagna di libri che non sarebbero mai stati scritti e venduti se non supportati da una trasmissione televisiva, un disco o un blog, appunto. Quale letteratura, quale Beat generation!  Semmai parliamo di Bit generation, quella che concede gratis la sua vena creativa attraverso la Rete, e che ora l’editore Castelvecchi ci vuole far pagare. A Pulsatilla andrà il 10% del prezzo di copertina; se si verificherà il boom commerciale che è stato annunciato riuscirà a comprare un appartamento e troverà lavoro come autrice per il teatro. L’editore festeggerà in un vernissage a base di prugne grasse che distribuirà a tutti i giornalisti compiacenti.

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