Lontano lontano nel tempo
..e ad un tratto
chissà come e perché
ti troverai a parlargli di me
di un amore ormai troppo lontano.
Il libro di Aldo Colonna "Luigi Tenco. Vita breve e morte di un genio musicale" è un buon esempio di come, secondo me, non bisognerebbe mai scrivere una biografia: una prosa iperbolica e ricca, uno stile arcaico, carico di soluzioni retoriche autocompiacenti (come le ultime tre parole che ho appena scritto). Ecco, ad esempio, come comincia la narrazione: "La massima in medio stat virtus deve aver trovato il diligente studente di latino sempre abbastanza tiepido, ma è doveroso evidenziare la sua innata tendenza al confronto e l’atteggiamento che non esiteremmo a definire moderno, di diritto alla contraddizione, che faceva in lui giustizia della retorica di cui è spesso imbevuto un sentimento pur ammirevole come la coerenza. Ma coerente Luigi Tenco lo fu..." Continua così per 170 pagine, ma è possibile che ti arresti molto prima nella lettura. A meno che non ti lasci incuriosire dalle note relative alla cronaca del suicidio (?), in cui lo scrittore già preannuncia il sospetto che poi nel 2003 lo ha portato presentare una denuncia. E oggi, dopo ulteriori strane coincidenze, il caso viene riaperto.
Luigi Tenco è vivo più che mai. A 38 anni dalla sua morte continua a essere un punto di riferimento per una nuova generazione di cantautori italiani come Carlo Fava, Ivan Segreto, Sergio Cammariere, Lodovico Einaudi. A me piace ricordare la sua voce, la sua musica, le sue parole e quella capacità di portarti nel precipizio interiore dei sentimenti e svelarti una parte di te che nemmeno sai di avere. A volte paurosa, perchè indomabile, per cui qualcuno dice: "non ascoltare Tenco chè ti intristisce…" A me intristisce di più Ramazzotti. Non so perchè.
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