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L’uomo flessibile

L’uomo flessibile

L’uomo flessibile di Carlo Fava, disco bellissimo, scritto con Gianluca Martinelli e prodotto da Beppe Quirici, è una forte affermazione del valore della canzone: cura della voce e dell’interpretazione, testi intelligenti e poetici, imbastiti su melodie originali (si avverte una cultura musicale vivace che va dal blues al Jazz, dai cantautori italiani a Schubert e Puccini!); il tutto impreziosito da arrangiamenti essenziali e per questo perfetti.
Undici storie legate da un leit-motiv: la fragilità intellettuale e affettiva dell’uomo moderno, ovvero “flessibile”, privato del pensiero dalla tecnologia (Se fossi il futuro), dalla disinformazione imperante (L’Italia non legge, Metroregione), o arreso a essere comparsa solitaria in uno scenario sociale e politico sconsolante (La palude, La malavita non è più, L’uomo flessibile):

Io domino perché mi muovo veloce,,
sono fluido, elusivo, disimpegnato.
Forse sono un po’ più furbo che intelligente;
insomma, sono un uomo moderno.
Ma talmente moderno che sono convinto che
la società non esiste!
E se esiste…non me ne frega niente

(incipit recitato del brano “L’uomo flessibile”)

avevo un vecchio pensiero analogico
e capitava di starci male
ma mi sembrava troppo pesante
per l’era nuova del digitale

(Se fossi il Futuro)

E anche il luogo dell’amore, per Fava, è sempre tinto di chiaroscuri, in cui lo slancio sentimentale e sensuale si mitiga nella narrazione nostalgica di amori vissuti e rimpianti. Sono i momenti in cui regala quadri di intensa poesia, come quando conversando con la ragazza appena conosciuta nel bar pensa “alla distanza fra il tuo indirizzo e il mio cuore, fra la tua casa e l’amore” (Nuvola nera), o quando fissa un ricordo “nella stanza dei sogni, sotto il
quadro di Chaplin, fra i sorrisi della tua libertà” (‘Sotto il quadro di Chaplin’, che forse si discosta dal concept, se non per la dimensione metropolitana e per la contemporaneità delle immagini: “Milano è immobile sotto ai miei occhi e tu nervosa stai viaggiando in treno”).
La nostalgia cantata da Carlo Fava permea varie canzoni del disco; in “Tenera è la notte” assume vari aggettivi: magica, fisica, metodica, bestiale, algida, polemica, mistica, volgare, retorica, storica… è la nostalgia per l’Uomo vero, quello ancora “inflessibile” nella sua umanità, capace di riflettere e di amare. Carlo Fava ha partecipato al festival di Sanremo nel 1993, arrivando penultimo. Non so cosa abbia fatto in questi lunghi dodici anni. Ho letto che ha avuto un’intesa attività teatrale (il suo modo di proporre le canzoni si inserisce in quello stile chiamato “teatro-canzone” che ha visto in Gaber e Jannacci i massimi esponenti), che ha scritto una canzone per Ornella Vanoni e una per Mina. Non credo che sia stato facile per lui affrontare questi anni di silenzio discografico e forse è questo il senso di “Cofani e portiere”, uno scherzo in musica sulla difficoltà della vita “da artista”.
Meriterebbe un premio solo per la sua tenacia, per non essersi arreso di fronte alle difficoltà dell’industria culturale, ricevendo ottimi riscontri da parte della stampa e un successo di pubblico soddisfacente (anche grazie a una buona promozione: lo spettacolo “L’uomo flessibile” ha avuto decine di rappresentazioni in tutt’Italia). Parteciperà al prossimo Festival di Sanremo, in coppia con Noa. Meglio che niente.

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