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Non sono solo canzonette

“Sto lavorando a un sogno e anche se a volte mi sembra lontano, so che un giorno mi apparterrà”. Con le parole di “Working on a dream” Bruce Springsteen aveva accompagnato l’ingresso di Obama alla Casa bianca: la colonna sonora di un trionfo. Alcuni musicisti pugliesi hanno osato fare persino di più: con un disco intendono contribuire alle spese della campagna elettorale di Nichi Vendola.

Si intitola “Una canzone per Nichi” e, prodotto dalla “Fabbrica di Nichi” in collaborazione con l’etichetta “Minus habens”, è disponibile su I-tunes già da oggi. I Radiodervish, i Sud Sound System, i Sunny cola Connection con Caparezza, U Belle e U Fabie, i sofisticati Apres la Classe, i Folkabbestia, il pluripremiato autore di colonne sonore Ivan Iusco, Nicola Conte (in versione Jazz Combo), Gianluca Petrella (con Paolo Fresu), Pino Manafra, i “multietnici” Opa Cupa e i Cantori di Carpino; artisti tra i più rappresentativi, non solo della scena pugliese, ma della musica indipendente mediterranea, con questo gesto hanno voluto testimoniare l’interesse con cui il mondo dell’arte guarda alla politica e forse, in qualche modo, anche la gratitudine per le misure che Nichi Vendola ha adottato a favore della promozione della cultura nella loro Regione. Abbiamo provato a chiederlo direttamente a Michele Lobaccaro dei Radiodervish, la cui “City lights” è stata scelta per promuovere il disco.

Michele, come è nato questo progetto?

È una delle tante manifestazioni della società civile che si muove intorno alla figura di Nichi Vendola e a quello che rappresenta per la Puglia. Da qualche tempo nella nostra Regione c’è una realtà abbastanza viva in tutti i campi, anche in quelli artistici. Così anche per la musica. L’idea è quella di essere partecipi a un progetto politico rappresentato da Nichi Vendola che è il narratore di una storia di cura del territorio, di attenzione alla cultura, vista come possibile risorsa del luogo, anche economica.

Tu come sei stato coinvolto?

Mi ha chiamato Antonio Princigalli e l’entourage  che c’è intorno alla Fabbrica di Nichi, che hanno curato la produzione esecutiva. È nato tutto in breve tempo. Un mese e mezzo, più o meno.

Ieri proprio Nichi Vendola, commentando le elezioni francesi, ha dichiarato che “la partita per salvare il Paese non si vince solo con la politica, ma con una nuova semina di cultura e di ricostruzione di legami sociali”. Uno può seminare, ma quando il terreno è inaridito come si fa?

Guarda il problema c’è. Per continuare nella metafora “agricola”, se tu vuoi dare la possibilità di crescere a una pianta o a un semino gli devi creare l’ambiente ideale, adatto per crescere. Il compito della buona amministrazione e della politica è questo: creare le condizioni perché le comunità, le società, i singoli individui possano fiorire, nei loro ambiti, nei loro interessi, negli interessi comuni. Questo duetto società civile-politica deve funzionare proprio come un tamdem. Il senso del disco è proprio questo: voler “duettare” in qualche modo, essere presenti con la nostra specificità di musicisti, con la nostra arte, che sicuramente risuona in un certo modo di fare politica. È un risuonare di valori, al di là delle appartenenze di partito, di correnti: un orizzonte ideale comune che la giunta Vendola ha accentuato con la capacità di essere moltiplicatore di risorse, di energie. Parlo per l’ambito culturale ovviamente, ma posso dirti che è vero anche in altri ambiti.

Alcuni artisti, come ha affermato Joan Baez qualche anno fa, hanno anche utilizzato un po’ la politica per ricrearsi un facile consenso tra i simpatizzanti di questo o quello schieramento.

Credo che, a giudicare dallo scopo comune e dalla sincerità degli artisti coinvolti, in questo caso, quello che citi non è un rischio reale. Perché sono tutti musicisti il cui percorso artistico personale è totalmente chiaro e il cui messaggio va molto al di là dell’appartenenza e dello schieramento. Sono tutti artisti accomunati da un insieme di valori di fondo.

Come mai oggi la musica, e le arti in genere, riescono farsi portatori di questi ideali politici che la politica stessa fatica a esprimere?

Ma sai, credo che non sia solo una questione di questo periodo. Pensa al Risorgimento italiano: gli artisti – sia come individui che come gruppi – sono stati i laboratori in cui si forgiavano le idee e i modi di comunicare questi ideali. L’arte, quando è vera arte, e cioè quando è libera di esprimersi e lanciarsi, è stato sempre un momento privilegiato, dove le mediazioni politiche sono meno presenti e quindi può funzionare da strumento visionario, da indicatore.

 

Vi siete messi in gioco per Nichi Vendola, per la Puglia. L’appartenenza regionale non limita un po’ troppo il raggio di azione di un progetto come questo?

Be’, posso parlare a nome mio e dei Radiodervish: siccome ci muoviamo nel campo dei valori – e i valori debordano ovviamente dalla Puglia – cerchiamo sempre di collaborare e trovare i modi per “duettare” con altri progetti, anche con progetti politici molto più estesi, come nel mediterraneo (vedi la situazione israelo-palestinese). Ci sentiamo coinvolti certo, ci sentiamo responsabili nel fornire anche noi una risposta alle domande che vengono dal mondo, non solo dalla Puglia.

Se Nichi Vendola dovesse vincere e quindi confermarsi alla presidenza della Regione cosa gli chiedereste?

Di continuare a fare quello che sta facendo nella politica del territorio. È uno dei pochi territori in cui – grazie ad alcune scelte politiche – si investe nella cultura. La cultura è vista come un luogo in cui è possibile creare ricchezza in tutti i sensi, anche in termini economici, perché contribuisce a sviluppare anche un certo indotto. Pensa alla “Notte della Taranta”: un patrimonio culturale è diventato uno strumento di promozione del territorio.

A livello nazionale la cultura non viene gestita nello stesso modo?

Certo che no, mi sembra evidente. Da molti anni a questa parte oramai è un continuo taglio dei fondi alla cultura. Sarebbe bello che l’energia e l’onda che viene dalla Puglia si propagassero a livello nazionale e creassero un circolo virtuoso che faccia cambiare il punto di vista sulla cultura stessa. Perché il patrimonio culturale italiano può essere uno strumento di riscatto e di ripresa, come possibilità di metter in circolo azioni e idee e dare una risposta alla crisi.

Pubblicato anche sul sito nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà

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