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Secondi Fini

Ma ve li immaginate tutti gli storici ammiratori di Gianfranco Fini che sono lì ad aggiornare la sua biografia su Wikipedia? Deve essere una faticaccia riuscire a far conciliare le frasi riportare nei vari paragrafi con gli aggiornamenti richiesti ormai quotidianamente. Perché Fini è uno che prende posizioni. Ma come molti di quelli seduti su una poltrona importante, si gira e si rigira, ma semplicemente per cercare quella più comoda. Lo fa da anni, sedici almeno, da quando abbandonando ogni nostalgia fascista ha abbracciato senza indugi la strada dalla liberalità, e ha trovato il petto caldo di Silvio Berlusconi. Gianfranco Fini ha sciolto il suo Partito, per confluire in quello dell’amore. E da lì, finalmente sdoganato da ogni retaggio di regime, ha rivestito incarichi importanti: due volte vice Presidente del Consiglio, una volta Ministro degli Esteri e ora addirittura Presidente dalla Camera.

Ma Fini è innanzitutto un politico che piace. A destra e a manca. Anzi a centro-manca.

Perché come politico sa rispondere al suo elettorato e come intellettuale dà la sponda agli elettori del centro-sinistra e agli astenuti. Il delfino di Almirante è uno che firma la legge Bossi-Fini (che ammette il respingimento in mare degli immigrati), ma anche uno che si presenta alla festa del PD per affermare che “chi arriva in Italia è una persona. La distinzione tra regolare e clandestino non può essere la cartina al tornasole per orientare una politica”. È il parlamentare rigoroso che per primo firma la Legge “Giovanardi-Fini” (che abolisce, finalmente, la distinzione tra cannabis e cocaina, inasprendo le pene – fino al carcere –  per chi detiene una canna in più) e il “liberal” che ammette di averne fumati di spinelli, quando era giovane (e fascista).

È anche l’intellettuale che vuole uno Stato laico e il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali e che poi, rigirandosi sulla poltrona, vota contro i DICO e chiede che l’insegnamento nelle scuole venga negato agli omosessuali.

Fini, eterno numero due del PDL, eterno numero zero in quanto a capacità di dettare l’agenda politica all’interno del suo stesso partito (attività oramai data in outsourcing alla Lega).

Eppure qualcuno dice che sia un bravo politico. O almeno “un brava persona, un uomo serio”, come mi riferisce la militante del PD che ho incrociato stamattina. Senza considerare che Fini pensa semplicemente al dopo Berlusconi. Da qui l’istituzione della Fondazione intitolata “Fare futuro”. Certo, il suo.

Pubblicato anche sul sito nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà

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