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A Firenze, tra miseria e fortuna

Devo al mio amico Mauro se stanotte sono riuscito ad andare a letto un po’ più sereno e, anche se non ho dormito per niente, mi sono sentito un po’ meno solo: con una capacità che hanno solo pochi bravi artisti ha raccolto la mia tristezza e l’ha trasformata in un sorriso, una vignetta che spiega più di quanto mille parole riescano a fare.
Non mi interessa più di tanto commentare l’ordinanza contingibile ed urgente con cui la Giunta fiorentina ha di fatto vietato il mestiere girovago dei lavavetri: ritengo che sia una misura assolutamente demagogica e inutile; forse solo uno spot pubblicitario che serve a raccogliere consenso per una Giunta totalmente incapace di gestire i reali problemi della città di Firenze (smog, traffico, inquinamento acustico, assenza di parcheggi, ingolfamento del centro storico) e che saranno esacerbati dalla prossima tramvia.
Dalla parte politica a cui io appartengo mi sarei aspettato una proposta anziché un divieto, un progetto di integrazione, anziché una caccia alle streghe.
Io abito a Firenze da circa sei mesi e la mia esperienza non conferma per niente lo scenario di degradazione di cui parla l’ordinanza comunale. Questi 20-30 disperati che incrocio ai semafori sotto i 40 gradi di questa strana estate si avvicinano all’auto sforzandosi persino di sorridere. Sono un’altra specie umana, cui a malapena è concesso il diritto di sopravvivere, anziché vivere. Sono uomini, donne e ragazzi talmente poveri da non percepire alcun disagio dal fumo delle marmitte, dal sole cocente, dalle ruote fin troppo esagitate di qualche testa di cazzo. Eppure la maggior parte degli autisti ne sono “infastiditi”. Una mia amica dice che con le donne sono “aggressivi” e volgari e che “finalmente stamani non sarò costretta a chiudermi nell’abitacolo per non sentire le loro sconcezze”. Altri mi riferiscono che sono troppo invadenti, insistono troppo, non si accontentano di un euro, ti sporcano il vetro anziché pulirlo. Non so quanto ci sia di vero nelle loro affermazioni: la mia esperienza è diversa, o forse è diverso solo l’atteggiamento con cui io mi pongo. Ma questo coro di fiorentini che invoca “dignità” e “rispetto” da persone a cui però non concede alcuna dignità e alcun rispetto mi intristisce e mi fa paura.

Ora alzatevi spose bambine
Che è venuto il tempo di andare
Con le vene celesti dei polsi
Anche oggi si va a caritareE se questo vuol dire rubare
Questo filo di pane tra miseria e fortuna
Allo specchio di questa kampina
Ai miei occhi limpidi come un addio
Lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
Il punto di vista di Dio

(Khorakhanè – Anime Salve, Fabrizio de Andrè, 1996)

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