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Laudate hominem

Laudate hominem

Mi chiamo Habi ho diciott’anni
e nessuna nostalgia del mio futuro
ho un collo fragile ma non vi inganni
l’ultima foto con le spalle al muro

ho masticato a lungo pane e odio
per diventare una bomba che cammina
sopra una terra immobilmente impura
e seminare morte con la vita […]

Mi chiamo Habi non ho domande
e nè paure in questa mia certezza
che potrò avere un altro mondo in cambio
dei miei sogni e della mia bellezza […]

Al primo sole di questo mattino
mi chiuderò la porta e sulla strada
andrò sicura incontro al mio destino
per fede, per rabbia, per fede nella rabbia
per fede, per rabbia, per fede nella rabbia […]

(tratto da Habi – “Respiro”, Grazia Di Michele, 2006)

L’espressione “nostalgia del futuro” si intuisce bene, ma si spiega difficilmente: è il desiderio struggente per “il non ancora”, che ognuno di noi intimamente disegna con il proprio presente e con i propri sogni. In molti paesi decine di ragazzi vengono educati a non avere sogni, a non progettare alcun futuro se non quello breve e fatale del kamikaze. Questi anni sono bastati per capire che la migliore arma contro l’uomo è proprio l’uomo stesso privato della sua umanità: lasciare esplodere un cuore tra la folla come una bomba. Ecco perché ogni religione dovrebbe preoccuparsi di salvaguardare la bellezza dell’umanità nella riproposizione dei suoi esempi, piuttosto che celebrare la divinità lontana e venerabile. Perché non possiamo aver alcun mondo in cambio dei nostri sogni e della nostra bellezza e che semmai il sogno e la bellezza coincidono con l’ideale della “vita eterna”. Persino Cristo è venuto sulla terra come uomo “e fu il suo esempio a dare alla nostra immaginazione la libertà di sollevarsi e volare. In sostanza, di essere simili a Cristo” (Nick Cave). Laudate Hominem, dunque.

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